Con questo messaggio il fotografo David LaChapelle inaugura la mostra “David LaChapelle. Credo nei miracoli". Dopo aver trascorso tanti anni nella Grande Mela, dal 2006 LaChapelle vive in una fattoria biologica alle Hawaii, da lui fondata, dove non c'è traccia del mondo moderno e tutto è alimentato dall'energia solare e idrica. Ha più volte dichiarato che la sua scelta è stata dettata dalla necessità di isolarsi in seguito al frenetico lavoro che stava svolgendo nel campo pubblicitario, e dal sentire il bisogno di dedicarsi interamente all'arte. La mostra solleva però interrogativi su questa scelta, e su questo cambiamento radicale di vita: quella attualmente ospitata dal Mudec di Milano è una LaChapelle nuova e per certi versi inaspettata, con uno sguardo critico sull'animo umano indagato nelle sue pieghe fatte di dolore, solitudine, gioie, passioni e ideali. Viene da chiedersi quante di queste solitudini, gioie e dolori derivino dalla riflessione dell'artista sul proprio vissuto. Nella New York degli anni '80 e '90 la piaga dell'AIDS mieté un numero incalcolabile di vittime, molte inizialmente appartenenti alla comunità LGBTQ, tanto che bigotti e benpensanti parlavano di giudizio universale, malattia che colpiva omosessuali e prostitute ( in Italia qualcuno parlerà poi di punizione divina dopo il 1968). LaChapelle osserva impotente la morte dei suoi amici mentre aspetta il suo turno. Nel corso degli anni, non riuscendo a trovare una spiegazione logica al fatto che anche lui non fosse infetto, arrivò alla conclusione che fosse un taumaturgo, da qui il nome della mostra: Io credo nei miracoli.1
LaChapelle parla della modernità a modo suo, in modo pop e senza intellettualismi. La sua cifra stilistica - scatti surreali, caratterizzati da colori accesi, atmosfere oniriche e talvolta bizzarre - è stata spesso definita barocca, addirittura eccessiva. Una fotografia altamente costruita, definita non dalla postproduzione ma dalla costruzione di set importanti, da una scelta raffinatissima dei modelli e da un uso magistrale della luce. La mostra ripercorre i temi ricorrenti dell'artista: la critica al sogno americano, la crisi ambientale e il misticismo, quest'ultimo in particolare. Sono presenti alcuni dei suoi scatti più famosi, come il famoso “Death by Hamburger” (una ragazza le cui gambe sono visibili solo perché coperta da un gigantesco gonfiabile a forma di hamburger) “Heaven To Hell” (un ritratto di Courtney Love nella versione della Pietà di Michelangelo, copertina di uno dei libri fotografici più acclamati dell'artista), e alcune opere della serie Floods (Deluges), che ritraggono spazi come musei e cattedrali parzialmente, o interamente, allagati. A questi si aggiungono diverse opere di ispirazione biblico-religiosa, naturalmente rivisitate in chiave pop. Alcune inquadrature sono montate su strutture che ricordano le cetre delle chiese. Protagoniste degli scatti sono sempre le fredde modelle che caratterizzano il lavoro di LaChapelle, ma un occhio attento può notare "variazioni sul tema" dettate, ad esempio, dalla scelta dei costumi: non più l'allure patinata anni '90, ma un'estetica retrò anni '70 mixati con capi futuristici in stile Iris Van Herpen. Un trittico più recente, circa a metà percorso espositivo, rappresenta la solitudine e la dipendenza dai media digitali causate dalla pandemia di Covid-19, insieme a una critica mal celata a un’umanità sempre più egoista e vanitosa.
Forse è stata proprio la pandemia a ispirare questo percorso riflessivo del fotografo, in cui vediamo un po' scomparire la sua vena ironica, spesso sostituita da desolazione e atmosfere apocalittiche. C'è però un fotogramma, tratto dal video Revelations (anch'esso in mostra) che racchiude nella sua semplicità tutto il valore che l'artista attribuisce all'amore e al sentimento in generale, unica via di riscatto per una società in declino: al centro di una città abbandonata, con tutte le finestre sbarrate e mucchi di spazzatura buttati qua e là, un uomo anziano e un'anziana si baciano appassionatamente. In omaggio a ciò che è stato, con la speranza che torni ad essere.
“ David LaChapelle. Credo nei miracoli” è in mostra al Mudec di Milano fino all'11 settembre 2022. Info mudec.it