GUCCI HA HA HA

GUCCI HA HA HA

L’edizione dello scorso gennaio della moda uomo era stata caratterizzata più dalla variante Omicron che dai vestiti, con diversi show cancellati all’ultimo minuto e un tripudio di tamponi e contagi che facevano venir voglia più di divano che di Front Row; ma un’affollatissima Design Week ha fatto sorgere, anche nei milanesi più snob, una certa qual nostalgia per la Milano-Salotto di moda che tanto si malediva in epoca pre-Covid, quando la metropolitana si riempiva anche fuori dalle ore di punta, trovare parcheggio diventava un’utopia, un tavolo al ristorante un miraggio, e i Navigli un girone dantesco. In risposta a questa milanesissima saudade e arrivata la Fashion Week maschile dedicata alla primavera/estate 2023, ridotta all’osso (sì e no due giorni e mezzo di sfilate) ma pur sempre presente e in presenza, pronta a tenere alta la bandiera del Made in Italy e a ricordarci il valore dell’esperienza collettiva, anche in ambito moda. Eppure, eppure, quello che è stato non si può cancellare, così, all’alba degli esami di Maturità e dopo il Concerto dei Rolling Stones a San Siro, in un solstizio d’estate talmente torrido da far decidere all’Arcivescovo meneghino di invocare la Madonna perché conceda il dono della pioggia, viene da interrogarsi sullo stato generale dell’industria della moda e su come questa si stia (o non si stia) ricalibrando a seguito delle recenti peripezie globali. Come scrive Silvia Schirinzi su Rivista Studio, nonostante i grandi marchi ormai sfilino perlopiù fuori calendario e fuori dalle note Fashion Capitals, e nonostante il format stesso della Fashion Week abbia stufato i più, “sembrerebbe tutto tornato alla normalità, la stessa che avevamo giurato di non volere più: lo strabordare di prodotti immessi sul mercato è lo stesso se non aumentato, ma osservando da vicino si vedono bene i segni lasciati dalla crisi.”  Non tutto il male vien per nuocere però. Se nella vicina Firenze, Pitti Uomo è rimasto imbrigliato in uno streetwear ormai trito e ritrito e nell’Instagram-friendly che tende a favorire l’estetica patinata (e chi se la può permettere) a discapito dei contenuti realmente innovativi, a Milano hanno trionfato le presentazioni concettuali per pochi intimi fuori dal carnevale del quadrilatero della moda – una dinamica meno “spettacolare” che pone l’accento su temi fondamentali al progresso del sistema moda quali la sostenibilità, il riciclo e la riscoperta dell’alto artigianato tradotto in un linguaggio contemporaneo. Su questa linea, Vitelli ha realizzato un pop-up shop dedicato alla sua maglieria realizzata con scarti dell’industria tessile nel quartiere multietnico di Porta Venezia, Magliano ha popolato una cabina dell’Enel in disuso con giacche composte da foulard di riciclo mentre Matthew M. Williams, alla direzione creativa di 1017 ALYX 9SM, ha messo in scena l’unisex nella Piscina Scarioni, da tempo dismessa nonostante il quartiere Niguarda si batta indefessamente perché venga finalmente restituita ai cittadini.

Attesissima e chiacchieratissima, la presentazione della capsule collection Gucci HA HA HA realizzata in collaborazione con Harry Styles e ospitata dalla boutique uomo di Cavalli e Nastri in via Mora 3. La collezione prende il nome dalle iniziali dei suoi creatori (Harry e Alessandro) e dalla faccina che ride con la quale, puntualmente, si concludono gli infiniti messaggi whatsapp che i due si sono scambiati in oltre un anno di gestazione. L’amicizia tra Alessandro Michele e Harry Styles risale al 2017, quando l’ex frontman dei One Direction decide di intraprendere la carriera solista e la maison fiorentina lo veste per tutta la durata del tour, per poi utilizzarlo come volto per la campagna couture del 2018; era quindi solo questione di tempo prima che Michele proponesse a Styles di realizzare insieme il “guardaroba dei sogni”.  La collezione sintetizza anni di amicizia e amore per la moda attraverso un’estetica very British e fortemente anni Settanta, un misto tra il bohemien e il Lord Inglese condito con una buona dose di eccentricità e dalla fluidità di genere che caratterizza lo stile tanto di Michele quanto di Styles. Un inno ad una mascolinità diversa e mutevole, ad un senso di libertà profondo e giocoso, che vede la tradizione mischiarsi a pigiami di seta con stampe di scoiattoli e orsacchiotti. Un concetto che ben si intona al microcosmo di Cavalli e Nastri: se Gucci ha fatto da tempo il passaggio da marchio prettamente high fashion a marchio high street apprezzato da varie generazioni, è anche vero che, per chi non l’avesse ancora capito, è il vintage attualmente ad essere l’espressione più reale, genuina e positiva dello streetwear contemporaneo. Gucci HA HA HA sarà disponibile negli stores da ottobre.